La filmografia dedicata

Tratto da “T come Tango” di Meri Franco Lao ed. Melusina 2001

1915

– “Nobleza Gaucha” di Gunche / Martinez de la Pera / Cairo. Il contadino considera peccaminoso il cabaret di Buenos Aires dove la classe alta balla.

1916

– “Resaca” di Atilio Lipizzi, dal sainete (breve componimento poetico) di Alberto Weisbach, sugli ambienti degli emarginati; primo dei 14 film in cui si può vedere il grandissimo ballerino Benito “El Cachafaz” Bianquet.

1917

– “Federacion o muerte” di Atilio Lipizzi, dove si può vedere il cantante Ignacio Corsini.
– “El tango de la muerte” di José Agustin “El Negro” Ferreyra, il primo di una serie di film popolari centrati sulla tematica del tango, i personaggi convenzionali di periferia, la ragazza buona che si perde, il seduttore, il malfattore.
– “El conde Orsini” di Venancio Serrano Clavero, film giallo su sog­getto di Belisario Roldan; uno dei primi esperimenti di sonoro comple­tamente realizzato dal vivo, nella sala cinematografica, col tango “Probà que te va a gustar” (Prova che ti piacerà) del cileno Osman Pérez Freire.

1919
– “De vuelta al pago” (Di ritorno al paese natio) di J.A.Ferreyra, sul tango omonimo di Armando Chimenti.

1921
– “The four horsemen of the Apocalypse” (I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse) di Rex Ingram, tratto dal romanzo dello spagnolo Vicente Blasco Ibafiez, con Rodolfo Valentino. Il divo pugliese interpre­ta la parte di Julio Desnoyers, rampollo viziato di una ricca famiglia argentino-francese-tedesca, che, abituato a perdere il tempo col nonno nei quartieri malfamati di Buenos Aires, si reca a Parigi dove conduce una vita bohémienne di pittore, diventa l’idolo del tango e si innamora di una donna sposata. Ma scoppia la guerra. Un misterioso vicino vestito alla russa gli rivela le chiavi della vita e della morte: i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse come li ha descritti San Giovanni e li ha interpretati Durer hanno intrappolato l’umanità. Tutti dovranno soffrire inenarrabili vicissitudini, per espiare le colpe. Suo padre perde i tesori accumulati nel castello francese, mentre orde di senzatetto si dirigono a Parigi. Lui, dandy con la bombetta, si aggira intorno alla grotta di Lourdes, in cerca della signora, crocerossina, intenta a curare il marito rimasto cieco. Alla fine si arruola, per difendere la patria dell’amata e di suo padre, il quale va sul fronte a visitarlo e a portargli la scimmietta che era rimasta a casa. Morirà da eroe, perché, spiega il vicino di cui sopra, hanno trionfato i Quattro Cavalieri. In tale farraginoso contesto, Rodolfo Valentino balla il tango una volta e mezza. La più breve, con Alice Therry, nel locale di lusso “Tango Palace”; entrambi vestono elegantemente da sera, lei ha una acconciatura bianca di piume, e solo dopo, seduti al tavolino, annusano appassionatamente una rosa. II ballo più lungo lo fa all’inizio del film, con una attrice il cui nome non figura nel cast, che strappa in malo modo al partner precedente. Valentino porta un cappello cordovano coi pom­pon, grossa cintura di cuoio, camicia dagli alti polsini, bombacha da gaucho, stivali, speroni. Torvo lo sguardo dietro il fumo della sigaretta, si afferma con le gambe separate al massimo, per sollevare la donna e poggiarla a 180 gradi, forse per non ferirla con gli speroni. Lei, bianco­vestita altocinta con scialle di Manila e vistoso pettinone, è disponibile allo scambio di cavaliere e a concludere con un bacio e altri particolari che si intuiscono. Un’ accozzaglia di errori, sia nel costume, sia nel ballo; appena una sequenza muta sconosciuta ai più, che però si è radicata nella memoria collettiva con la forza di un imprinting etologico. La musica che accompagna il film è costituita da tanghi di fattura europea, che si legano insensibilmente a “Cumparsita” e a “Donde estas corazon” di Canaro, per un terzo. I rimanenti due terzi sono illustrati da musica sinfonica, per lo più mozartiana, Rondò alla Turca e “Là ci darem la mano” compresi.

1922
– “La muchacha del arrabal” (La ragazza del sobborgo) di J.A.
Ferreyra e Leopoldo Torres Rios, con Lidia Lis, centrato sul tango omonimo con testo degli stessi registi e musica di Roberto Firpo. All’epoca, nel fosso del cinema Esmeralda di Buenos Aires, il composi­tore e pianista Firpo soleva accompagnare il film con la sua orchestra tipica.
– “Milonguita” (Sgualdrinella) di José Bustamante y Ballivian, con Maria Esther Lerena e Ignacio Corsini, intorno al tango omonimo di Samuel Linning e Augusto Mario Delfino.

1923
– “Melenita de oro” (Caschetto d’oro) di J.A.Ferreyra, con Lidia Lis e José Pla.

1924
– “Sciopero” di Sergej Eisenstein. Nel suo primo film, in contrasto con l’uomo massa calpestato, torturato, che si vuole portare a tradire la propria classe, il regista sovietico presenta una festa degli aristocratici: sul tavolo imbandito una coppia di nani balla il tango El Choclo e subito dopo Alexander Ragtime’s Band.

1925
– “Mi ultimo tango” di J.A.Ferreyra, con Nora Montalvan, con musica di Eduardo “El Chon” Pereyra.

1926
– “El organito de la tarde” (L’organetto della sera) di J.A.Ferreyra, con Maria Turguenova, attrice di rivista che cantava dal vivo, nella sala cinematografica, il tango omonimo di José e Catulo Gonzalez Castillo “Callecita del suburbio” (Stradina del sobborgo), testo dello stesso regista e musica di Raul de los Hoyos.

1928
– “La borrachera del Tango” (La sbronza del tango) di Edmo Cominetti, basato sul sainete di Elfas Alippi e Carlos Schaefer Gallo. Le locandine pubblicitarie del film martellavano sul “santuario del focolare minacciato dal virus implacabile del tango”.

1930
-“Manoa mano”, “Rosas de otono”, “Padrino pelao”, “Yira-yira”, ecc., una dozzina di “cortos” col sistema Movietone di registrazione sonora appena introdotto in Argentina, regista Enrique Valle, protagonista Car­los Gardel, accompagnato dai suoi chitarristi Barbieri, Riverol e Aguilar, o dall’orchestra di Francisco Canaro, brevi dialoghi con gli autori Cele­donio E.Flores e Enrique S.Discépolo.
– “El cantar de mi ciudad” di J.A.Ferreyra, con Marfa Turguenova che canta “La muchacha del tango” di Luis Rubinstein e Alfredo Mazzeo. Uso dei timbri degli strumenti come leit-motiv: il flauto per rappresentare la ragazza, il trombone per l’uomo.
– “Adios Argentina” di Mario Parpagnoli, debutto vero e proprio di Libertad Lamarque, che canta il tango omonimo di Gerardo Matto Rodriguez.
– “Let’s go native” (Nel regno della fantasia) di Leo Mc Carey, con Jeannette Mc Donald, Jack Oakie, James Hall e Kay Francis. La nota attrice e cantante protagonista si esibisce in un ballo di stampo “latino”; tanto improbabile quanto i fondali di cartapesta.

1931
– “Luces de Buenos Aires” di Adelqui Millar, girato per la Paramount negli studi francesi Joinville. Primo lungometraggio di Carlos Gardel. Alfredo Le Pera, d’ora in poi il suo inseparabile paroliere, ne è lo sceneggiatore. Nel film intervengono numerosi artisti argentini in tour­née per l’Europa, come Sofia Bozàn, Gloria Guzman, Pedro Quartucci, il compositore Gerardo Mattos Rodriguez, il paroliere e regista Manuel Romero, Julio De Caro al fronte della sua orchestra, Memorabile inter­pretazione di Gardel del tango “Tomo y obligo”, con musica sua e testo di Romero.

1933
– “Flying down to Rio” (Carioca) di Thomton Freeland con Fred Astaire e Ginger Rogers per la prima volta insieme, Gene Raymond e Dolores del Rio. Dove si dimostra che Hollywood non è proprio il regno della parsimonia. Pur dando precedenza alla nuova danza brasiliana “la carioca”, e riservando per la fine il celebre numero acrobatico di danza sulle ali degli aerei in movimento, questo film ha il pregio di presentare un numero elefantiaco sul tango: l’orchestra, piazzata all’interno di un cesto pensile che si muove sopra le teste dei numerosi ballerini, esegue “Orchids to the Moonlight” in tempo di tango. Qualche passo del grande Astaire in coppia con l’attrice messicana Dolores del Rio all’apice della sua bellezza.
– “Tango” di Luis Moglia Barth, con Libertad Lamarque, Alberto Gomez, Tita Merello, Azucena Maizani, Mercedes Simone, e le orchestre di Juan de Dios Filiberto, Edgardo Donato, Pedro Maffia e Juan D’Arien­zo. Confuso con un gruppo di comparse, “El Cachafaz” Benito Bianquet balla nel patio di un convento.
– “Melodia de arrabal” di Louis J.Gasnier, con Carlos Gardel e Imperio Argentina, sceneggiatura di Alfredo Le Pera. Ultimo film di Gardel girato in Francia. Horacio Pettorossi interviene come chitarrista solista; Gardel interpreta, oltre il tango del titolo, “Cuando tu no estas”, “Silencio” e “Mananita de sol” (Mattina di sole), quest’ultima in duo con la notissima Imperio.
– “Los tres berretines” (Le tre fissazioni) di Enrique Telémaco Susini, con Luis Sandrini e Luisa Vehil. Il film si impernia sulle tre passioni popolari dei rioplatensi: il tango, il calcio e il cinema. Brevi apparizioni del giovane bandoneonista Anibal Troilo, del pianista José Maria Rizzuti, del violinista Vicente Tagliacozzo, del cantante Luis Diaz e dell’orchestra di Osvaldo Fresedo.
– “Boliche” (Bèttola) di Francisco Elfas, girato a Barcellona, col famoso trio Irusta-Fugazot-Demare. Lucio Demare, il pianista del trio, ha un fratello, Lucas, che qui si presenta in una delle sue ultime appari­zioni come bandoneonista, prima di dedicarsi alla regìa cinematografica.
– “Dancing” di Luis Moglia Barth con Arturo Garda Buhr e Amanda Ledesma.

1934
– “Bolero” di Wesley Ruggles. La coppia formata da George Raft e Carole Lombard balla il Bolero di Ravel su un gigantesco tamburo. Nonostante il tempo ternario del ritmo spagnolo, le figure coreografiche sono improntate al tango acrobatico; lui sta per morire, lei è ormai felicemente sposata con Ray Milland, che li contempla plaudente da un tavolino in prima fila. Quando il film era in preparazione col titolo di “Rumba”, Gardel, che era stato interpellato per sostenere una parte importante come attore e cantante, non fu accettato per via del suo inglese.
– “The gay divorcée” di M. Sandrieh, con Fred Astaire e Ginger Rogers; “The Continental” di Cole Porter, eseguita in vari ritmi, viene ballata come habanera con passi di tango salendo le scale, e con passi di valzer, scendendole.
– “Idolos de la radio” di Eduardo Morera, con Ignacio Corsini, Ada Falcon, Dorita Davis, Tita Merello. Generosa sfilata di numeri radiofo­nici di grande presa sul pubblico.
– “El alma del bandoneon” di Mario Soffici, con Santiago Arrieta, Libertad Lamarque e Charlo.
– “Noches de Buenos Aires” di Manuel Romero, con Tita Merello e Fernando Ochoa. Primo di una serie di cinquanta film girati in Argentina in venti anni dal fecondo regista e paroliere.
– “Cuesta abajo” (Giù per la china) di Louis J. Gasnier, girato per la Paramount negli studi Long Island cii New York, con Carlos Gardel e Mona Maris, sceneggiatura di Alfredo Le Pera. Garclel interpreta “Cuesta abajo” e “Mi Buenos Aires querido”. Breve e normalissima sequenza di ballo tra Gardel e la Maris.
– “El tango en Broadway” di Louis J.Gasnier, con Carlos Gardel, Trini Ramos e Blanca Vischer, sceneggiatura di Alfredo Le Pera. Gardel interpreta il fox-trot “Rubias de Nueva York” e i tanghi “Golondrinas” e “Soledad”.

1935
– “El dia que me quieras” (Il giorno che mi amerai) di John Reinhardt, con Carlos Gardel e l’attrice spagnola Rosita Moreno. Sceneggiatura di Alfredo Le Pera, direzione musicale di Terig Tucci, direttore dell’orche­stra della NBC. Un Astor Piazzolla bambino impersona il monello. La canzone omonima, ispiratasi a una poesia del messicano Amado Nervo, ha ormai perduto ogni connotazione di tango; l’interpretazione che ne dà Gardel viene guastata dall’intervento canoro di Rosita Moreno, che avrebbe potuto almeno adeguare la sua pesante pronuncia spagnola all’accento rioplatense. Oltre a “El dia que me quieras”, Gardel canta “Suerte negra”, “Sol tropical”, “Sus ojos se cerraron”, “Guitarra mia” e “Volver”.
– “Tango bar” di John Reinhardt, girato come i film precedenti negli studios della Paramount di New York, con Carlos Gardel, Rosita Moreno, Tito Lusiardo e Enrique de Rosas. Sceneggiatura di Alfredo Le Pera e direzione musicale di Terig Tucci. In quest’ultimo suo film, che uscirà postumo, Gardel interpreta “Por una cabeza”, “Arrabal amargo”, la jota “Los ojos de mi moza” e “Lejana tierra mia”. Balla anche un tango che aveva appena scritto con Le Pera, ma che non riuscì a cantare.

1936
– “Funerali di Carlos Gardel a Buenos Aires”, documentario di Eduardo Morera, prodotto dal musicista e amico Francisco Canaro.
– “Sombras Portenas” (Ombre di Buenos Aires) di Daniel Tinayre, con Francisco Petrone e la brava cantante di tanghi Mercedes Simone.
– “Radio bar” di Manuel Romero, con Gloria Guzman e Olinda Bozan.
– “Ayudame a vivir” di José A.Ferreyra, con Libertad Lamarque. Primo film della trilogia preferita dal pubblico latinoamericano, sia per la presenza della Lamarque, sia per la formula di includere abbondanti tanghi senza soluzione di continuità col parlato. Spiccano, fra le altre, le interpretazioni del tango del titolo e di “Mi carino”

1937
– “Besos brujos” (Baci stregati) di José A.Ferreyra, con Libertad Lamarque, Floren Delbene e Carlos Perelli. Oltre al tango omonimo, la Lamarque interpreta “Como un pajarito” e “Tu vida es mi vida”.
– “La ley que olvidaron” (La legge che hanno dimenticato) di José A.Ferreyra, con Libertad Lamarque.
– “Muchachos de la ciudad” di José A.Ferreyra. Un’occasione per vedere il violinista Elvino Vardaro insieme al bandoneonista Anibal Troilo.
– “El pobre Perez” di Luis César Amadori, con l’attore Pepe Arias.
“Desencanto” di Enrique Santos Discépolo, cantato da Tania, moglie del compositore.
– “La fuga” di Luis Saslavsky, con Francisco Petrone e Tita Merello, che canta Niebla del Riachuelo*, tango espressamente commissionato dal regista argentino a Cobian e Cadicamo.
– “History is made at night” (La storia si fa anche di notte) di Frank Borzage, in cui Jean Arthur e Charles Boyer ballano una stenuata “Cumparsita”.
– “Los muchachos de antes npo usaban gomina” (I ragazzi d’allora non usavano la gommina) di Manuel Romero, come recita un verso del tango “Tiempos viejos”, testo dello stesso regista, musica di Francisco Canaro, con l’attore Florencio Parravicini e il cantante Hugo del Carril al suo debutto cinematografico. In una ricostruzione storica del locale di Hansen, anno 1906, non poteva mancare la fatale “bionda Mireya”, impersonata dalla attrice Mecha Ortiz.

1938
– “Madreselva” di Luis César Amadori, con Libertad Lamarque, imperniato sul tango omonimo, parole dello stesso regista e musica di Francisco Canaro.

1939
– “La vida es un tango” di Manuel Romero nella doppia funzione di regista e paroliere, e le stelle Florencio Parravicini, Hugo del Carril e Tito Lusiardo.

1940
– “Carnaval de antano” (Carnevale d’altri tempi) di Manuel Rome­ro, con Charlo, Sofia Bozan e “El Cachafaz”.
– “La vida de Carlos Gardel” di Alberto de Zavalfa. Dopo soli cinque anni dalla scomparsa, biografia inattendibilmente romanzata della leggendaria figura del tango, con Hugo del Carril che si esibisce tra l’altro in “Malevaje”, “Mariposa” e “Barrio reo”, e Delia Garcés che interpreta il ruolo della fidanzatina abbandonata, che sposa il migliore amico dell’astro.

1942
– “The pride of the yankees” (L’Idolo delle folle) di Sam Wood, con Gary Cooper. Si vedono i ballerini argentini Vélez & Yolanda.
– “Manana me suicido” di Carlos Schlieper, con Alberto Vila e Amanda Ledesma.

1945
– “La cabalgata del circo” di Mario Soffici, con Libertad Lamarque e Hugo del Carril, le stelle più popolari del tango e del cinema, ed Eva Duarte in una piccola parte.
– “Over twenty one” (Addio vent’anni) di Charles Vidor, con Irene Dunne, Alexander Knox. Lei canta con una tale delicatezza “Adios mu­chachos”, da far dimenticare il suo marcato accento inglese.

1946
– “Gilda” di Charles Vidor, con Rita Hayworth e Glenn Ford. Tranne che per “Amado mio”, che la splendente Rita esegue in un cabaret di Montevideo, il resto del film si gira negli alberghi di lusso e nei locali da gioco di Buenos Aires. Il gelosissimo Johnny che aveva rotto con Gilda, ora la rivede sposata a un riccaccione losco che gli ha salvato la vita. Tra uno schiaffo e uno spintone e dure battute rancorose, la strappa dalle braccia di un accompagnatore occasionale col quale Gilda sta ballando il tango, solo per fargli dispetto.
– “Adios pampa mia” di Manuel Romero, che inaugura la serie di film con Alberto Castillo come protagonista. Oltre al tango del titolo, il popolare cantante esegue “La que murio en Paris”.
– “Romance musical” di Arancibia, ultimo film argentino di Libertad Lamarque, che si esilia in Messico a causa della sua inimicizia con Eva Duarte, ormai moglie di Peron.
– “Gran Casino” (Grande Casinò) di Luis Bunuel. Il regista spagnolo, dopo quindici anni di silenzio, riprende la sua attività con questo musical ambientato nella città messicana di Tampico. Ne sono i protagonisti Libertad Lamarque e Jorge Negrete, celebri stelle del tango e del bolero rispettivamente. Lei si rivela brillantissima e moderna interprete con “El Choclo”, mentre in “Loca” si esprime nel suo collaudato stile mélo. Lui canta in modo tradizionale “Adios Pampa mia”.

1947
– “El tango vuelve a Paris” (Il tango torna a Parigi) di Manuel Romero, con Alberto Castillo e Anibal Troilo.

1949
– “El ultimo payador” di Homero Manzi e Ralph Pappier, con Hugo del Canil. Biografia di José Bettinoti la cui arte di musicista estempora­neo si estingue con l’avvento del tango.
– “El idolo del tango” di Héctor Canziani, con Julio Martel, Graciela Lecube, Héctor Gagliardi, le orchestre di Domingo Federico, Osmar Maderna, Juan Carlos Barbara.
– “La Cumparsita” di Antonio Momplet, con Hugo del Carril.
– “Alma de bohemio” (Spirito bohémien) di Julio Saraceni, con Alberto Castillo, che canta “Alma de bohemio” e “Esta noche me emborracho”.
– “Se llamaba Carlos Gardel” di Leon Klimovsky, indagine sul­l’uomo e sul mito.

1950
– “El morocho del abasto” (Il Bruno dei Mercati Generali) di Julio Rossi, biografia romanzata di Carlos Gardel.
– Sunset Boulevard” di Billy Wilder, con William Holden e Gloria Swanson che ballano “La Cumparsita”, nel disfacimento generale, e non solo della diva al tramonto.

1951
– “De hecho viejo” (Forza Facoltà di Legge) di Manuel Romero, sul famoso tango di Eduardo Arolas dedicato agli studenti di Diritto. Occa­sione per veder ballare una coppia di ballerini dalla tecnica stupefa­cente e dallo stile ironoico e leggero, punto di riferimento coreografico per i professionisti più esigenti che li seguiranno.
– “El hincha” di Manuel Romero, con Enrique Santos Discé­polo in veste di attore.

1952
– “Mi noche triste” di Lucas Demare, con l’attore Jorge Salcedo.
Sceneggiatura di Francisco Garda Jiménez e José Maria “Katunga” Contursi sulla vita del padre di quest’ultimo, Pascual Contursi, paroliere del famoso tango “Mi noche triste” lanciato da Gardel nel 1917.

1953
– “La voz de mi ciudad” di Tulio Demicheli, con il pianista e composi­tore Mariano Mores, che si rivela anche un bravo attore.
– “Casque d’or” di Jean Becker, con Simone Signoret e Serge Reggiani, che si allacciano in un ballo apache.
– “qUAND TU LIRAS CETTE LETTRE” (Labbra proibite) di Jean-Pierre Melville, con Philippe Lemaire e Juliette Gréco. Meccanico-pugile se­duce una ragazza attraverso il tango.

1959
– “Some like it hot” (A qualcuno piace caldo) di Billy Wilder, con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon. Quest’ultimo, in abiti muliebri, balla un’interminabile “Cumparsita” con Joe E. Brown, il milio­nario suo spasimante che non demorde.

1960
– “La contessa di Hong Kong” di Charlie Chaplin, con Marlon Brando e Sophia Loren. Nell’ultima sequenza, la coppia balla senza artificiosità, con grande stile, e sempre guardandosi negli occhi, un tango composto da Chaplin.
– “Un guapo del novecientos” di Leopoldo Torre Nilsson, con Arturo Garda Buhr, Alfredo Alcon ed Elida Gay Palmer. Tratto dal dramma omonimo di Samuel Eichelbaum, il film evoca i rapporti tra gli emargi­nati e la classe alta politica nei primi del Novecento. Un guappo così leale al suo deputato, da uccidere l’amante della moglie, affinché il suo padrone non debba sporcarsi le mani. L’importanza del tango e della milonga nel comportamento dei ragazzoni di periferia in una felice ricostruzione del ballo fra soli uomini, sui marciapiedi, accompagnati dall’organo di Barberia. Musica composta da Atilio Stampone, che include due tanghi d’epoca: “El Portenito” e “La Morocha” di Villoldo.
– “Mi ultimo tango” di Luis César Amadori, con Sara Montiel e Maurice Ronet. Tra guitti della lirica in transatlantico, false identità e amori incondizionati, perdita della vista e intervento chirurgico miraco­loso, alla popolarissima cantante spagnola si offre il pretesto di cantare, tra l’altro: “A media luz”, “Volver”, “Melodia de arrabal”, “Yira yira”, “Nostalgias” e “Uno”. Solite mossette leziose.

1964
– “Carlos Gardel. Historia de un idolo” di Solly, con Roberto Escalada che presta il volto a Gardel cantando in play back sulle registra­zioni originali.
– “Buenas noches Buenos Aires” di Hugo del Carril, che sin dal 1951, con il film “Las aguas bajan turbias” si era dedicato alla regia, abbando­nando la carriera di attore e di interprete di tango. Eccellente occasione per apprezzare l’arte dei cantanti Julio Sosa e Susy Leiva.
– “Canciones de nuestre vida” di Eduardo Manzanos, antologia dei numeri di maggior successo del momento nel teatro di varietà di lingua spagnola. Agustin Irusta canta “La Cumparsita”. Antonio Gades e Ester Rojo danzano “El Choclo”, condito con ochos, lustradas e baci, in un cambiamento continuo di costumi e décor.

1965
– “Casanova 70” di Mario Monicelli, con Marcello Mastroianni e Virna Lisi che si adoperano per ballare “Adios muchachos”.

1968
– “Invasion” di Hugo Santiago, con Olga Zubarry e Lautaro Munia.
Musica di Edgardo Canton.

1969
– “Los muchachos de antes no usaban gomina” di Enrique Carreras, anacronistico rifacimento del film di Romero del 1937.
– “Arthur Rubinstein. L’amour de la vie”di François Reichenbach, Gérard Patris e Bernard Gavoty, con Arthur Rubinstein. Il grande piani­sta, all’ epoca ottantaduenne, si racconta e, comportandosi da attore davanti alla camera da presa, rivela la sua personalità di “innamorato della vita”. Antologica la lunga sequenza in cui parla del suo primo contatto con la musica del tango.
– “Ostia” di Sergio Citti, con Franco Citti e Laurent Terzieff che, nella parte di due emarginati della borgata romana, ballano integralmente “La Cumparsita”.

1970
– “Il conformista” di Bernardo Bertolucci, con Jean-Louis Trintignant, Dominique Sanda e Stefania Sandrelli. Le due donne, elegantissime, una in bianco e l’altra in nero, danzano un intero tango boulevardier, in maniera eterodossa, con figure che ricordano persino il minuetto. In una bèttola parigina, davanti ai rispettivi mariti, l’antifascista e la spia del regime. E’ la sequenza che prelude allo snodo finale del film.
– “Calcutta” di Louis Malle. Un vecchio disco 78 giri che trasmette un tango argentino fa da sfondo sonoro a immagini della più squallida miseria dell’India.

1972
– “Les volets clos” di Jean-Claude Brialy. Jacques Charrier, giovane marinaio disertore, diventa l’enfant gàté di un bordello dove come divertissement si balla il tango.
– “L’ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, con Marlon Brando e Maria Schneider. La musica dell’ argentino Leandro “Gato” Barbieri, sassofonista di jazz, non ha punti in comune col tango, e neanche il ballo finale alla Salle Wagram, in stile europeo misto a scherzi grevi da marines. Solo il personaggio di Paul, arrogante, ingenuo, diffidente, perennemente afflitto, sembra uscito da un tango discepoliano: piange perché gli viene a mancare la moglie, compagna anche di mal affare, si innamora di Jeanne, infierisce su di lei, le ricorda il lato malato delle cose, la decadenza, vuole cambiarla, vuole redimerla, ma si rovina, appunto, a Parigi.

1973
– “Ultimo tango a Zagarol” di Nando Cicero, con Franco Franchi e Martine Beswick. Parodia tempestivamente imbastita sul film di Berto­lucci. In una delle ultime sequenze, la coppia protagonista si esibisce in una prova di tozza genitalità danzando Il tango della mania, cantato fuori campo dallo stesso Franchi.
– “Il paese dove volano le cicogne” di Nikolai Goubenko. Accompagnati da un’inserviente che suona la fisarmonica, coppie di orfanelli sopravvissuti ai campi di sterminio, le teste rasate, i costumini logori, sulla spiaggia di una colonia estiva, ballano tetramente il tango.

1974
– “Lily, Aime Moi” (“Lily, amami”) di Maurice Dugowson, con Rufus e Jean-Michel Folon. Folon debutta come attore e balla i tanghi di Edgardo Canton, il musicista argentino ormai di casa a Parigi.

1975
– “L’acrobata” di Jean-Daniel Poli et, con Claude Melki. Misero inser­viente di una sauna diventa campione di tango da salone, beninteso, stile britannico. L’ambiente delle gare di ballo in Francia

1976
– “Silent Movie” (“L’ultima follia di Mel Brooks”) di Mel Brooks. Tre deliranti “flamencos” impersonati da Brooks, Marty Feldman e Dom De Luise, sugli accordi del tango danese Jalousie, strapazzano Ann Bran­croft che, dopo una serie inenarrabile di colpi e cadute, finisce per essere afferrata e sospinta come un ariete.

1977
-“Armaguedon” (“Quel giorno il mondo tremerà”) di Alain Jessua, con Alain Delon e Jean Yanne. Musica di Astor Piazzolla.

-“Madame Claude” di Just Jaeckin, con Klaus Kinski e Françoise Fabian. Il tango fa da sfondo all’ambiente torbido delle call-girls d’alto bordo gestite dalla signora del titolo.

-“Valentino” di Ken Russell, con Rudolf Nureyev assecondato da un stuolo di attrici tra cui Leslie Caron, Michelle Phillips, Carol Kane e Felicity Kendal. Ad apertura di film il grande danzatore russo e Anthony Dowell, primo “danseur noble” del Royal Ballet di Londra, l’uno nelle vesti del celebre omonimo pugliese, l’altro in quelle di Nijinski, ballano insieme “Ochi chornie” in tempo di tango: ecco subito dichiarata la rilettura del personaggio in chiave omosessuale, alquanto bizzarra e arbitraria. Altri tanghi li esegue in coppia con donne: da assoldato o da padrone o ricalcando la scena leggendaria de “I Quattro cavalieri dell’Apocalisse”. Ma il più grottesco e ambiguo è quello sul ring, tra Rudy allo stremo delle forze, costretto a difendere il suo onore di “macho”, e l’impavido arbitro.

-“Il più grande amatore del mondo”di Gene Wilder, parodia su Rodolfo Valentino, impersonato dallo stesso Wilder. Quando balla, tra l’altro, non può esimersi dal tirar fuori la lingua, in un tic nervoso irresisti bil e.

-“Soldaat v an oranje” di Paul Verhoeven, con Rutger Hauer e Jeroen Krappe, in cui due ufficiali nazisti ballano il tango.

-“Los Chantas” sceneggiatura di Norberto Aroldi, con le personalità

1981
IL TANGO DELLA GELOSIA di Steno, con Monica Vitti e Philippe Leroy. Tanghi in stile italiano.

ONE FROM THE HEART C’Un sogno lungo un giorno”) di Francis Ford Coppola, con Frederic Forrest eTeri Garr, Raiil Julia e Nastassia Kinski, incontri e abbandoni di gente comune nei locali di ballo di Las Vegas immersi in elettroniche atmosfere.

1982
EL TANGO ES UNA HISTORIA di Humberto Rìos, dove partecipano la cantante Susana Rinaldi, il quintetto di Astor Piazzolla e l’orchestra di Osvaldo Pugliese.

NEVER SAY NEVER AGAIN (“Mai dire mai”) di Irving Kershner, con Sean Connery e Kim Bassinger. In un sofisticato gioco scenografico di bianchi e neri, l’Agente 007 balla un tango di stampo britannico con la bellissima donna, in presenza del perfido marito (Klaus Maria Bran­dauer), mentre le rivela che il fratello è stato assassinato.

LEBATTANT(“Braccato”) di Alain Delon, conAlain Delon e François Perrier. La voce di Carlos Gardel in apertura e chiusura del film.

1984
THE RAZOR’S EDGE di John Byrum, con Bill Murray e Theresa Russell; nonostante sia basato sul romanzo di Somerset Maugham che tratta di un giovane americano alla ricerca di se stesso nel Tibet, nel film figura il tango Caminitov ,

BALLANDO BALLANDO di Ettore Scola. Fra unajava, un pasodoble, una mazurca chopiniana, una valse boulevardière, ballare Jalousie e La Paloma provoca voglie irreprimibili di baciare a ventosa, trangugiare noccioli ne, accarezzare ruvidamente con tentativo di stupro. Con Lily Marlene arriva un ufficiale tedesco insieme a un untuoso collaborazio­nista; visto che le ragazze parigine si rifiutano di ballare con lui, i due uomini si intrecciano in un tango francese ricco di figure, che termina col suono delle campane annuncianti la fine della guerra. Dopo, con l’ingresso degli americani e Chattanooga Choo Choo e i samba e i balli latini, e il rock’n roll e i Beatles, c’è ancora tempo di ballare un tango da salon. Un cast di mimi formidabili, le parole solo nelle canzoni.

1985
TANGOS – L’EXIL DE GARDEL di Fernando Ezequiel Solanas, con Miguel Angel Sola, Philippe Léotard, Marie Laforèt e Marina Vlady. Film premiato alla Mostra Cinematografica di Venezia. Musica di Astor Piazzolla. Da antologia la milonga danzata da Gloria e Eduardo. Osvaldo Pugliese a capo della sua orchestra esegue il tango La Yumba di sua composizione. I personaggi sdoppiati e inconcludenti di questa “tanghe­dia” di Solanas sono governati da tre grandi miti argentini: Gardel, gigantesco, che canta Anclao en Parfs* vicino alla sua Rolls Royce, accompagnato dai chitarristi che morirono carboniz.za~i insieme a I~i ne Il ‘incidente aereo; il tanghista Discepolfn, che consiglia prudenza, e Il generale San Martfn, eroe del l’ indipendenza, che chiede se non sia ~iunta l’ora di tornare, perché sono 150 anni che aspetta e devono aver dimen­ticato di mandargli la pensione.

1986
OPERA DO MALANDRO di Ruy Guerra, basata sul musical di Chico Buarque de Hollanda, con Edson Celubar (Max), Claudia Ohana (Lu), Elba Ramalho (Margot). Alla vigilia della dichiarazione di guerra del Brasile alla Germania del 1942, fra un samba e una maxixe, una capoeira, un baiào e una marchinha di carnevale, Lu e una ventina di uomini cantano e ballano un tango coreografico Quem me deira ser Gardel (“Se potessi essere Gardel”).
TANGO Y TANGO di Mauricio Beru, con Osvaldo Pugliese e la sua orchestra, la cantante Nelly Vazquez, il gruppo Gotan e musicisti cubani, a testimoniare un incontro sul tango avvenuto all’ A vana.

BARNDOMMENS GADE (“Gioventù precoce”) di Astrid Henning-Jan­sen, con Sofie Grabol e Vigga Bro. Ritratto di Ester, un’ adolescente poeta dei quartieri malfamati di Copenhagen, anni Trenta, che ha come ballo di inizi azione il tango.

COTTON CLUB di Francis Ford Coppola, con Richard Gere, Diana Lane, Nicolas Cage e Gregory Hines. Il cornettista Richard Gere, per aver salvato la vitaa un boss mafioso, è autorizzato a frequentare ladonna di questi. Tra loro scatta l’amore, però. Per depistare Juli an Beck (Li ving Theatre), segugio del capo e incaricato di vigilare la coppia, Gere c.ostringe la Lane a ballare un tango in cui i maltrattamenti e gli schiaffi rivelano come nessun’altra scena la tensione emotiva che governa i personaggi.

POBRE MA RIPOSA (“Voglia di libertà”) di Raul de la Torre con Graciela Borges e Lautaro Munia, Maccartismo in Argentina alla fine della II Guerra Mondiale. Ricostruzione degli ambienti della radio. Suona Osvaldo Pugliese con la sua orchestra.

1988
SUR di Fernando Ezequiel Solanas, con Miguel Angel Sola e Susii Pecoraro. Presenza a dir poco imbarazzante di Roberto Goyeneche, invecchiatissimo monumento a se stesso, quasi senza voce, che recita il tango Sur* di Homero Manzi con musica di Anfbal Troilo.

TANGO. BAYLE NUESTRO di Jorge Zanada. Milongueros anonimi, insieme ai più grandi artisti argentini del momento, espongono il loro tango come espressione di una ritrovata identità nazionale.

1991
NAKEDTANGO di Leonard Schrader, con Vincent D’Onofrio, Mathil­da May e Fernando Rey. Aristocratica annoiata in viaggio su un transa­tlantico cade in un giro sadico di prostituzione gestito da un ballerino di tango con madre strega. Tuffo serioso nella carne da macelleria e nei vecchi stereotipi.

T ANGO BAR di Juan Carlos Codazzi e Marcos Zurinaga, con Raiil .Julia, Valeria Lynch e Rubén Juarez, Una copiosa rassegna sul ballo che, partendo da materiali d’archivio nazionali e internazionali, arriva fino agli ultimi protagonisti. Peccato che la storia del triangolo amoroso sia inconsistente, che la gestualità del primo attore sia centrata sulla sigaret­la, e che il tutto sia enfatizzato da un pubblico scrosciante di applausi e risate. Arrangiamenti e musiche originali di Atilio Stampone, che si intravede per un attimo al pianoforte.

ALICE di Woody Allen, con Mia Farrow, WilIiam Hurt e Joe Mantei­gna. La turbolenza dei tentativi di adulterio di Mia (Alice) con Joe (Joe) viene sottolineata da La Cumparsita nella versione di The Castilians; una volta consumato, però, si torna a Duke ElIington e a Dizzy Gillespie.

INDOCINA di Régis Wargnier, con Cathérine Deneuve, Linh Dan Pham e Vincent Perez. La francese che conduce una piantagione di caucciù nel Vietnam del Sud e sua figlia adottiva, una principessa orfana, possono ballare un tango spensierate, prima della presa di coscienza politica che le trasformerà radicalmente. Oscar 1993 quale miglior film straniero.

1992
TANGO di Patrice Lecomte, con Philippe Noiret, Richard Bohringer e Thierry Lhermitte. Una musi cassetta contenente una canzone in spa­gnolo di Angélique e Claude Nachon, nella voce di Reynaldo Anselmi, sottolinea didascalicamente le ossessioni erotico-punitive dei tre bon­temponi, per i quali il tango (“che musica sensuale!”) è uguale a tradi­mento femminile.

SUENO TANGOS, cortometraggio cubano di Guillermo Centeno, con Jorge Cao e Tania Ceballos. Narra di una misteriosa donna colombiana che aspettava Gardel all’ Avana in quel giugno tragico del 1935. Liuba Levia canta Nieblas del Riachuelo* in stile blues; altrettanto contaminato è il tango composto da Pucho L6pez che Purita e Amado ballano.

SCENT OF A WOMAN (Profumo di donna”) di Martin Brest, con Al Pacino. La colonna sonora del film si basa su La Violetera, la stessa canzone in tempo di tango-habanera scelta da Chaplin per “Luci della Città” (1931) come leit-motiv della fioraia cieca. AI Pacino impersona un ufficiale che, per avventatezza nel manovrare le bombe, perde la vista e provoca la morte di un suo compagno d’armi. “II tango è più facile della vita: anche se sbagli, continui a ballarlo”. Nella pista del ristorante del Waldorf-Astoria, con una distinta ragazza che ignora la sua menomazìo­ne e si è lasciata subito convincere, Pacino danza Cuesta abajo*, sotto lo sguardo ammirato dell’adolescente (Chris O’Donnell) che gli fa da accompagnatore. Una scena di grande spessore espressivo.

DE ESO NO SE HABLA (“Di questo non si parla”) di Marta Luisa Bemberg e Oscar Kramer. Da una novella di Julio Llinas, con Marcello Mastroianni, Luisina Brando e Alejandra Podestà, L’attore italiano, nella parte dell’emigrante che è diventato ricco, canta Caminito* in una casa della borghesia argentina di provincia; lo accompagna al pianoforte la “nifia” raffinata e sensibile, della quale ben presto si innamorerà nono­stante il nanismo, difetto “di cui non si parla”.

1993
– “Onnen maa” (La terra della felicità) di Markku Polonen. Il film risale agli anni Sessanta per raccontare di un giovane che, dopo un anno passato a Helsinki, torna a casa con un paio di scarpe a punta lucidissime e alcuni dischi di tango. Mentre la cittadina rurale si spopola dei suoi abitanti, il tango va acquistando caratteri finlandesi. Ogni momento della vita contadina (zappatura, posa dei pagliai, spennellatura con calce, mungitura) è sottolineato da un tango, così come il volto della donna nell’amore all’ombra delle betulle. La musica, consistente in otto tanghi di Unto Mononen e Arvo Koskimaa, è interpretata da Reijo Taipale, l’idolo di quegli anni, che appare di persona nella parte di un cantante solista a fronte dell’orchestra di tango.

1994
– “Schindler’s list” di Stephen Spielberg. La lunga sequenza iniziale, che mostra il protagonista insieme ai nazisti in una notte di bagordi al cabaret, ha come illustrazione sonora, in un arrangiamento ad hoc, il celebre tango di Gardel e Le Pera “Por una cabeza”, che sembra aver sostituito “La Cumparsita” nelle preferenze del grande schermo. Ma questa volta ne nasce un caso giudiziario. In un primo momento, infatti, i produttori del film si erano rivolti alla SADAIC (Società Argentina Auto­ri), chiedendo il permesso di includervi “Vida mia” di Osvaldo Fresedo, ma Oscar Fresedo, l’erede legale del compositore, fissò un compenso di 25.000 dollari. Scoraggiata da tale richiesta, la produzione decise di attingere al repertorio cosiddetto di pubblico dominio, categoria esente da diritti, alla quale passano le opere dopo cinquant’ anni dalla morte dei loro autori. E’ ingiustificabile però che nei titoli di testa e di coda del film non appaia la minima menzione a “Por una cabeza” e ai suoi autori, ragione per cui la SADAIC ha fatto causa alla produzione, e non si esclude che la cifra per il risarcimento sia superiore a quella che si procurava evitare.

– “True lies” di James Cameron, con Amold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis. Harry conduce una doppia vita: per la moglie e la figlia adolescente è un uomo semplice e abitudinario che lavora come piazzista di computer; fuori dal mondo familiare, invece, è un rocambolesco agente segreto specializzato nella lotta contro il terrorismo nucleare. “Por una cabeza” è il tango scelto. Schwarzenegger lo balla la prima volta, all’inizio del film, con Tia Carrere, la fatale Juno dai tratti orientali, che lavora per i fanatici terroristi, la seconda volta, alla fine, con Jamie Lee Curtis, la consorte, che, rivelatasi una bomba sexy con strabilianti
attitudini per lo spionaggio, stringe fra i denti una rosa rossa. Entrambe le volte con molta ironia.

– “Il Postino”, di Michael Radford/Massimo Troisi, con Massimo Troisi (il postino), Philippe Noiret (Pablo Neruda), Anna Bonaiuto (Matilde, la moglie del poeta), Maria Grazia Cucinotta (la moglie del postino). Premio Oscar 1996 alla migliore colonna sonora realizzata dal musicista argentino Luis Enrique Bacalov, assolo interpretati dal bandoneonista uruguayano Héctor Ulises Passarella; il cantautore italiano Sergio Endri­go accusa Bacalov di plagio. Comunque, l’unico tango del film è Madre­selva nell’interpretazione di Gardel; Noiret lo balla in maniera poco ortodossa, camminando sempre all’indietro, dapprima con la Bonaiuto, e, una seconda volta, con la Cucinotta in abito da sposa.

1995
– “Carlos Gardel en Tv”, produzione di Eliseo Alvarez, con Robert Maidano come narratore. Grazie a una efficace truka (macchina per gli effetti speciali), Gardel in persona appare nel bel mezzo di un parco di Buenos Aires, di una piazza di Madrid o Barcellona, di un teatro di Bogotà, per dialogare e cantare secondo quanto è rimasto fissato dai suoi film.
– “A business affair”, con Carole Bouquet, Christopher Walken, Jonathan Price. Passioni sessuali e letterarie londinesi in un triangolo costituito da intellettuali. Musica del bandoneonista argentino Juan José Mosalini.
– “Twelve Monkeys” (L’Esercito delle dodici Scimmie) di Terry Gilliam, con Bruce Willis, Madeleine Stowe, Brad Pitt. Fantascienza. La colonna sonora di Paul Buckmaster ospita appena dodici battute di un’opera impervia sconosciuta ai più, che agisce con la forza di un archetipo sugli spettatori: è l’Introduzione della Suite Punta del Este di Astor Piazzolla, eseguita dall’autore in veste solistica, nel 1981, con l’orchestra del Teatro Municipal di Caracas diretta da Aldemaro Romero.

1996
-“Asphalt tango”, di Nae Caranfil, con Charlotte Rampling nel ruolo di una maitresse parigina che coopta allegramente “danzatrici” romene.
– “Evita”, di Alan Parker, con Madonna e Antonio Banderas. Megafilm girato in Argentina sulla falsariga della commedia musicale di Andrew Lloyd Webber, con l’aiuto incondizionato e gratuito che il presidente argentino Carlos Menem gli ha assicurato, comprendente le riprese all’interno della Casa Rosada, le scene di massa con i militari dell’ eser­cito e gli agenti della polizia federale. Passione, morte e apoteosi di Eva Duarte de Peron, con una particolare attenzione all’oscura infanzia di figlia illegittima in un paese di provincia e alla fuga appena quindicenne con il cantante di tanghi Agustìn Magaldi, che la lascia da sola a Buenos Aires a tentare la via dello spettacolo.
– “Tango’s lesson”, di Sally Potter, girato tra Londra, Parigi e Buenos Aires, con la stessa regista tra i protagonisti. Il film, in bianco e nero, forse autobiografico, narra la storia di una regista cinematografica ingle­se che si innamora di un ballerino argentino di tango conosciuto a Parigi, Pablo Veron per l’appunto. Aspettativa alla Mostra del Cinema di Venezia.
– “Tango”, di Carlos Saura. Dopo”Sevillanas”e “Flamenco” terzo documentario sulla danza che il regista spagnolo si appresta a girare a Buenos Aires nel febbraio 1997, avvalendosi della fotografia di Vittorio Storaro e delle musiche originali di Lalo Schiffrin.

 

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